Amazing Garda Lake: il Sisam, l’antico mangiare dei barcaioli

Cosa sarebbe il Lago di Garda senza le sue tradizioni?

Quelle che parlano della gente, di come un tempo l’ingegno dell’uomo sapeva mettere a frutto ciò che la natura offriva permettendo alle famiglie di avere un respiro vitale, un orgoglio da tramandare, un’identità da incorporare.

Alcune sopravvivono ancora. 

Magari a fatica, magari portate avanti da nostalgici non più nel fiore degli anni (anche se fortunatamente si nota un risveglio anche nelle generazioni più giovani), magari con modalità riviste in funzione dei tempi. Ma ci sono, e la vera sfida è cercarle e acquisire il messaggio che trasmettono.

Serve anche a questo Amazing Garda Lake, il progetto di valorizzazione territoriale realizzato con il sostegno della Regione Veneto che punta a dare risalto al territorio veronese attraverso il racconto delle peculiarità culturali che lo caratterizzano, lo fanno vivere e lo rendono interessante e fruibile al turista.

Una fra le più emblematiche della vita gardesana, è quella del “sisam”, l’antico mangiare del barcaioli, che qualche ristorante propone ancora oggi.

Veniva preparato con le alborelle (le “aole” in dialetto veronese), pesciolini sempre più rari ormai nelle acque del lago, pescate e lasciate essiccare al sole, generalmente sulle stuoie realizzate con le canne palustri tagliate sulle sponde più acquitrinose. 

Dopo l’essiccazione, accompagnata dalla salatura, venivano unite alla cipolla bianca soffritta, generalmente in uguale quantità (un chilo di alborelle chiamava un chilo di cipolla).

Dopo di ché si aggiungeva l’aceto, altro ingrediente essenziale per la conservazione, si portava ad ebollizione per una quindicina di minuti e si lasciava riposare per un paio di giorni, prima di ricoprire il tutto con l’olio di oliva.

Perché era il mangiare dei barcaioli? 

Perché il sale, l’aceto e l’olio erano dei conservanti naturali indispensabili per garantire la shelf life (come si direbbe adesso) della pietanza. E questo era importante perché un tempo, quando ancora i motori non spingevano le barche, la traversata del lago poteva richiedere anche più di una giornata e questo pasto rappresentava quindi il sostentamento dei barcaioli, costretti a stare lontani da casa anche per più giorni.

Non sono in molti, al giorno d’oggi, i ristoranti che propongono questo piatto, particolarmente forte nel sapore e quindi sincero, perché integro nei sapori lacustri che sprigiona, arricchiti (o ingentiliti… ) da aglio, salvia, rosmarino, alloro, aromi naturali e un bicchiere di vino.

Il “sisam” viene generalmente servito accompagnato dall’immancabile polenta. Giocando sul contrasto termico, la polenta fredda viene unita alla pietanza calda, mentre quella calda viene servita col sisam freddo. 

E anche questa curiosità legittima ancora di più il valore della tradizione.


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